POESIE DI GABRIELE DAZZI

Sovente fra i vorticosi venti
della vita s’insinuano i coriandoli,
affini sguardi viventi di brio:
colorati voli di pindariche vie.

Ecco allora che le nostre maschere
a tratti cantate, celano passi grevi
in chi la festa la vede,
ma non la vive.

Credo che per loro, il coniglio, la fata,
il costume sia lo specchio riflesso del
quotidiano,
ma non per noi, che miriamo in disparte
questo giorno piovoso di festa.

Gabriele Dazzi, La Maschera
***

Al delicato scoppio dei graffiti del cielo
s’innestano sciame d’assolati
sentieri, repenti fischi d’abbozzati passaggi.
Del loro straripare non siamo completi
regnanti, al divagare del prossimo strappo
di colore non ci è dato appartenere.
A noi, per certo, resta la scia
la selvaggia brume che ci inonda
e lascia nell’aria il pallido sito
d’agrodolci souvenir.
La gazzarra finale è solo per chi vede;
ti affido quell’attimo, la scintilla che trema
qual dove tu la ritrovi di sconfinati paesaggi,
nuovi verdi slanci desti a ritrovare.
Gabriele Dazzi, L’artifice des rêves
***

Di ciò che è stato, visibile è
quello che prosegue a ritmi
delicati e prossimi. Vedi nei suoi passi
impressioni mattutine, rondò di
scandite memorie ti appartengono.
Sarà ciò che eravamo, e che in parte siamo.

Ammira le sue mani dalle linee
imprevedibili e la forza celata
ancora dei suoi occhi, poiché
uomo non vivi per compiacer
te stesso ma per rivederti
in quella piuma che adesso culli.

Gabriele Dazzi, Rosa
***

Il soffio si staglia ancora
tra i ciottoli di questa strada e sassi
maschere di muschio sempreverde.
Affianco muto la lieve ombra
di quelle orme che, come onde, rodono
ciò che rimane di questa marea alterna;
ma distanti dalla scintilla che ci donò il calore
ci crediamo diversi da raminghi fuochi
che ancora recitano
come attori privi di talento e amore .

L’essenza è ancora nell’assenza
dei mali lidi; l’infinitesimale seme
è ancora il prezioso messaggero
dell’immenso dono dell’esistenza?

Troppa distanza per anche mal
interpretare la contiguità
di ciò che siamo, di ciò che dovremmo essere.
Ma ancora, distanti, non siamo.
E i rari che Sono protendono
le giuste bramose mani verso
ciò che c’è ma non si vede ma c’è.

Impavide si cercano le nostre mani
estranei questuanti dei sublimi raggi
ma sembra ieri ed è già domani
mentre fugge, distante, il nostro oggi.

Gabriele Dazzi, Volo di mani
***

Ho affidato gran parte delle mie vite
al silenzioso vociare di treni;
in tutte le stazioni ne ho trovate di nuove
ma la maggior parte ancora mi è ignota.
Ho perduto lo sguardo ogni volta
per poi per caso ritrovarlo in qualche
sprizzante buco del quotidiano.

Alla fine solo quel treno sa chi sono.

Gabriele Dazzi, Le mie vite

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